Mons. Luigi Gandini
da “Terra Ambrosiana” – Diocesi di Milano – anno XBIII n. 6-7 (giugno-luglio 77)
«… Questa scultura [“Cristo morto” – Basilica – Seregno] fa risentire un soffio di Rinascimento! Del Rinascimento riecheggia soprattutto il bisogno della sintesi, il bisogno cioè di unificare le singole realtà, rapportandole nell’Unica realtà. Unificazione questa volta realizzata dalla ispirazione religiosa, che nella fede nella Morte di Cristo raccoglie, ordinati da una ricchissima fantasia, i molteplici valori della ragione, della natura, della vita.
La serenità rinascimentale qui prorompe dal paradossale messaggio della fede nella Morte che da la Vita! Dinnanzi a questo bronzo vien da ripensare alla lezione soprattutto di due maestri di quel periodo: Mantegna e Donatello.
Mantegna, riascoltato qui nel suo messaggio di gioiosa ed esuberante fantasia, contenuta entro i limiti di uno stupito rispettoso realismo senza concessioni manieristiche o decorative.
Donatello, la cui spregiudicata posizione spirituale di fronte alla nuova civiltà e la cui capacità di tradurla sempre nella sua “forma espressiva”, fanno da guida nella lettura di questo sapiente modellato e nella comprensione di questo gusto moderno (che non impedisce però di pensare a Bonanno Pisano) nel trattare la materia, il bronzo, serbando sempre il rispetto dei valori fondamentali che sono nell’animo del popolo, dal quale viene l’artista, e al quale annuncia con certezza la sua speranza nell’Umanesimo Totale, cioè cristiano.»