Mario Marzocchi
da IL TELEGRAFO – anno 99 – n. 231 – pag 5 – 4 ottobre 1975
« […] le opere di Ceppi rivelano un modo inequivocabile alla prima lettura la solidità di una preparazione condotta sui modelli di un Messina (di cui del resto fu allievo prediletto); di un Milani (scelto per la sua tesi all’Accademia di Brera), di un Giacometti; ma se la lezione dei maestri gli è valsa per approfondire lo studio delle forme e raggiungere effetti plastici efficaci, si deve alla bruciante ansia del suo spirito la ricerca di un simbolismo capace di affermare con assoluta chiarezza quella che, in ultima analisi, è la chiave di ogni sua opera attuale: l’elevazione dell’uomo ad altezze divinizzanti in virtù della sua terrena sofferenza.
L’albero, motivo ricorrente, rappresenta, nelle intenzioni dell’artista, la vita; la scala, che ritroviamo si può dire in tutte le opere, sta a significare la volontà redentrice delle creature smarrite nel buio del peccato; e intorno a questi elementi base di un ragionamento costruito su presupposti di speranza e di fede, Alberto Ceppi inventa le sue figure, filtrando sentimenti ed emozioni attraverso il setaccio di un mestiere raffinato e valido.»